“Café Society” di Woody Allen

 

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Ieri ho avuto occasione di vedere al cinema il 46esimo lungometraggio di Woody Allen.
Che dire? Dopo Midnight in Paris (film del 2011) trovo molto difficile dire di aver apprezzato un suo film. E’ che non posso fare a meno di paragonare ogni suo nuovo lavoro a quelli del vecchio Woody Allen, a capolavori come Manhattan (1979), Io e Annie (1977), Mariti e mogli (1992), Ombre e nebbia (1991)…ed ogni volta finisce che esco dalla sala delusa e arrabbiata, esattamente come ieri sera.

Ma arriviamoci per gradi.

New York, anni Trenta. Bobby Dorfman lascia la bottega del padre e la East Coast per la California, dove lo zio gestisce un’agenzia artistica e i capricci dei divi hollywoodiani. Seccato dall’irruzione del nipote e convinto della sua inettitudine, dopo averlo a lungo rinviato, lo riceve e lo assume come fattorino. Bobby, perduto a Beverly Hills e con la testa a New York, la ritrova davanti al sorriso di Vonnie, segretaria (e amante) dello zio. Per lui è subito amore, per lei no, ma il tempo e il destino danno ragione al sentimento di Bobby che le propone di sposarlo e di traslocare con lui a New York. Ma il vento fa (di nuovo) il suo giro e Vonnie decide altrimenti. Rientrato nella sola città in cui riesce a pensarsi, Bobby dirige con charme il “Café Society”, night club sofisticato che diventa il punto di incontro del mondo che conta. Sposato, padre e uomo di successo, anni dopo riceve a sorpresa la visita di Vonnie. Con lo champagne, Bobby (ri)apre il cuore e si (ri)apre al dolce delirio dell’amore.

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Questa è la trama del film che riporta in scena i temi che sono da sempre i più cari a Woody Allen e che fanno parte della sua vita: il cinema, le donne e gli amori mancati.

Ho molto apprezzato i colori, la fotografia di Vittorio Storaro e la colonna sonora di questa pellicola, che rendono perfettamente l’idea di un’atmosfera romantica in un mondo leggero, frivolo e spensierato, in cui anche i drammi come il divorzio, l’omicidio e la pena capitale sembrano scivolare via totalmente assorbiti in questa nube di estrema leggerezza e semplicità, senza lasciare traccia nei personaggi, senza arrecare loro dolore e sofferenza.
Complice di questa leggerezza è la voce narrante che presenta personaggi e situazioni con un linguaggio semplice ed un tono pacatamente allegro, che nella versione originale appartiene allo stesso Woody Allen e che nella versione italiana appartiene a Leo Gullotta.

Insomma un film che mette di buon’umore.

Sicuramente uno dei migliori se guardiamo agli ultimi 5 anni, ma…

…non riesco a consigliare la visione di questo film, e vi spiego il perché.

  1. Il personaggio di Bobby è troppo artificioso. Durante tutto il film non ho potuto fare a meno di pensare “Sto guardando un Woody Allen 80enne nei panni di un 30enne”. Il pensiero, i modi di fare, i dialoghi e persino la postura e l’andamento erano quelli di un uomo di età avanzata, e tutto questo proprio non ci sta in un corpo così giovane.
  2. La recitazione scadente. Non mi è piaciuta per nulla l’interpretazione di Kristen Stewart che ho trovato troppo ingessata e del tutto inespressiva. Ho trovato migliore quella di Jesse Eisenberg, ma era come se mancasse un qualcosa anche lì…per farla breve, i due attori principali non mi hanno comunicato molto.
  3. La seconda parte del film. La trama si accelera e molte cose succedono troppo in fretta, come la condanna a morte del fratello di Bobby, il suo matrimonio, la crescita personale che ha inizio dal momento in cui inizia a lavorare al night club…ho avuto la sensazione che la trama perdesse il ritmo al quale mi ero abituata nel primo tempo e che molte cose venissero un po’ buttate lì, quasi senza motivo.
  4. Il finale. Il riavvicinamento tra Bobby e Vonnie avviene per caso e non si riesce ad avvertire la sorpresa che un tale incontro dovrebbe suscitare a distanza di anni. I due riprendono a frequentarsi di nascosto e si riallontanano così come si erano riavvicinati, ma da tutto questo non traspare alcuna emozione: non ho avvertito nessun senso di colpa di Bobby nei confronti della moglie quando le porta il mazzo di rose quasi a volersi scusare di stare frequentando la sua ex a sua insaputa, nessuna emozione da parte di Vonnie sia quando gli chiede di vedersi ancora, sia quando decidono poi di non rivedersi più.

In conclusione vi dico che è un film piacevole, carino…ma a me ha comunicato ben poco, e per questo ne sono rimasta delusa.
Ho visto in questa pellicola solo una pallida imitazione del Woody Allen dei tempi d’oro, un Woody Allen che ha perso l’essenza vitale, che si è esaurito, e del quale rimane solo la corteccia esteriore.

Spero vivamente che possa tornare alla grandezza di un tempo.

 

 

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